Compleanno del Dalai Lama

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6 luglio 2018, oggi è il compleanno del Dalai Lama

Oggi è il compleanno del Dalai Lama. Sono felice di poterlo festeggiare e sono certo di rivederlo ancora. Il modo migliore per festeggiarlo è quello di dedicare un pensiero al suo popolo che crede in lui. Non regali direbbe sua Santità ma opere di bene, cioè compassione con i tibetani, con ogni popolo e minoranza oppressa e con ogni umanità che ancora abita il nostro pianeta.

Mi è stato chiesto cosa si può fare e cosa può cambiare le cose.

Sono convinto che non saranno le nazioni quelle che cambieranno il destino del popolo tibetano, perché oggi domina il sovranismo, cioè a casa nostra facciamo quello che vogliamo e gli altri si arrangino. Ognuno calpesti le proprie minoranze senza interferenze, e se alla Cina non è stato chiesto di far cessare la repressione in Tibet, o anche semplicemente di permettere l’accesso dei giornalisti, quando la Cina non era la potenza economica che è oggi, figuriamoci, se nell’intreccio economico che lega il mondo, qualcuno avrà ancora il coraggio di alzarsi per chiedere il rispetto dei diritti umani, anzi nemmeno il coraggio di accogliere il Dalai Lama.

A cambiare il futuro del popolo tibetano possono concorrere solo i tibetani e i cinesi: i tibetani se continueranno a resistere con la loro cultura e con la loro spiritualità alla omologazione all’unico pensiero e mercato, e i cinesi se capiranno che i loro diritti e la loro libertà vanno di pari passo con il riconoscimento dei diritti e della libertà di ogni minoranza. Se si capirà che c’è più futuro in quel millenario popolo che abita il tetto del mondo che in tutte le capitali e le periferie disastrate di questo mondo.

Quanto invece a quello che possiamo fare noi sono semplicemente due cose: la prima, non smettere di pretendere che nell’agenda politica (dal nostro quartiere alle nazioni) ci siano i diritti umani e non solo gli interessi economici, e chiedendo che venga riconosciuta l’autonomia ad un popolo prezioso patrimonio dell’umanità, a partire dall’accoglienza del Dalai Lama e del suo messaggio.

La seconda: non girare la faccia da un’altra parte quando vediamo annegare nel Mediterraneo i migranti in cerca di un futuro (e con loro la nostra celebrata civiltà). Perché se nel 1959 l’India avesse chiuso i propri confini come oggi tutti stanno facendo, anche il Dalai Lama e con lui le migliaia di tibetani che fuggivano dall’occupazione militare e dalla feroce repressione sarebbero “annegati” sulle montagne dell’Himalaya o nelle carceri cinesi.

Averlo accolto ha permesso al mondo di avere un formidabile testimone di pace e nonviolenza e ai tibetani di avere una guida politica e spirituale in cui riconoscersi e con cui coltivare una speranza .

Per questo non posso che festeggiare questo giorno e augurare lunga vita al Dalai Lama.

Roberto Pinter

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