Risposta al Senatore Panizza

Lettera aperta al senatore Franco Panizza in merito alla sua proposta

di gemellaggio della Provincia di Trento con la Regione del Tibet.
Caro senatore Franco Panizza,

ho letto il tuo resoconto sulla Missione di Stato della Associazione  Interparlamentare Italia-Cina della quale apprendo ne sei il  segretario. Prendo atto del tuo ruolo promozionale rispetto agli  scambi e ai commerci con la Cina e al tuo auspicio per una maggiore  iniziativa da parte del Trentino.

Non intendo qui entrare nel merito di un rapporto con una se non la  più grande delle economie e del suo ruolo, anche come potenza  militare, nello scenario geopolitico mondiale.

Intendo invece affrontare alcune tue affermazioni che trovo  decisamente sconcertanti per un esponente autonomista:

“il governo cinese è impegnato per garantire al Tibet, che nel sistema  centralista cinese rappresenta la più “autonoma” delle regioni, uno  sviluppo sociale ed economico..”.

Che la Cina sia interessata allo sviluppo del Tibet non c’è dubbio, al  punto che da più parti sono state espresse preoccupazioni per lo sfruttamento delle risorse naturali e per uno sviluppo che sta
comportando enormi problemi per una regione montana così delicata e importante per il nostro pianeta.

Ma che tu non consideri minimamente cosa ha comportato , cosa comporta e cosa comporterà questo sviluppo per la popolazione tibetana mi delude e mi rattrista.

La Cina, come dici tu, ha un sistema centralista, eppure avrebbe un  ottima Costituzione a tutela delle tante minoranze (più di 50) etniche  e linguistiche, peccato che la Regione del Tibet, che per inciso è
solo una parte del Tibet, sia solo formalmente autonoma e che in  realtà sia governata con il pugno di ferro dal governo cinese, impedendo qualsivoglia forma di autogoverno ai tibetani che a forza di immigrazioni stanno diventando una minoranza nella loro terra.

Questa cosa non dovrebbe sfuggirti viste le innumerevoli occasioni che  il Trentino ha avuto di conoscere la realtà attraverso la presenza del  Dalai Lama e dei rappresentanti del governo tibetano in esilio e visto
il sostegno, da parte delle nostre Istituzioni, della richiesta di vera autonomia da parte dei tibetani e di condanna della repressione.
Non credo che ti sfugga, per fare un solo esempio, che mostrare la bandiera del Tibet o una immagine del Dalai Lama comporta in Tibet come minimo la prigione.

Eppure tu, come nel 2009 aveva fatto il senatore Gubert, vorresti proporre un gemellaggio con la Regione Tibetana “riscontrando una situazione istituzionale con alcune similitudini”.

Certo che ci sono le similitudini, quelle che hanno portato la Provincia di Trento, quella di Bolzano e la nostra Regione oltre a manifestare solidarietà e sostegno umanitario, a sottoscrivere una Carta per chiedere alla Cina e alla Comunità internazionale l’autonomia del Tibet.

Riconoscere l’attuale Regione del Tibet come Regione autonoma, per quanto ci siano autorità regionali di etnia tibetana, peraltro imposte dal partito comunista, significherebbe dire ai tibetani che la smettano di rivendicare la loro libertà, esattamente l’opposto di quanto Durnwalder e Dellai oltre ai presidenti dei Consigli e all’intero Consiglio Regionale , hanno fatto in questi anni riconoscendo il Dalai Lama come legittimo rappresentante del popolo tibetano.

Come se durante il fascismo qualcuno avesse esaltato l’azione dello Stato italiano in Sudtirolo e in Trentino ignorando che non si poteva usare pienamente la propria lingua ne’ esercitare una forma di autogoverno, e scusa senatore ma da parte di un autonomista questo è veramente paradossale.

Io invoco l’autonomia del Tibet e la chiedo alla Cina, ricordando che la nostra specialità l’abbiamo ottenuta senza che per questo fosse messa in discussione l’unità della Repubblica, cosa che sta a cuore della Cina tanto che continua a dire che il Dalai Lama vuole l’indipendenza quando è da tanto tempo che è stata scelta la via di mezzo che appunto è l’autonomia. Ma non un simulacro dell’autonomia dove lo sviluppo è a favore dei cinesi e non dei tibetani, dove la Cina vuole nominare il Dalai Lama come ha fatto con i vescovi cattolici e dove non c’è alcun rispetto dei diritti fondamentali.

Ti ricordo che più di cento monaci e donne e giovani tibetani si sono bruciati vivi negli ultimi due anni per ricordare che i tibetani non hanno la libertà religiosa ne’ civile e che il Dalai Lama non può rientrare nella sua terra.

Per questo caro senatore ti invito a non prendere per buone le cose che il governo cinese e chi per conto del governo cinese governa il Tibet ti dice, (che assomigliano ai comunicati dei partiti comunisti quando difendevano la realtà dei paesi dell’Est), e se non vuoi prendere per buone le mie parole prendi almeno per buone le dichiarazioni dell’ONU e le delibere del Parlamento Europeo oltre alle mozioni del nostro Consiglio Provinciale e Regionale.

Non ti chiedo di non avere rapporti con la Cina, ci mancherebbe, un futuro di pace richiede anche questo, ma ti chiedo di non dimenticare che da più di 50 anni c’è un’occupazione militare cinese del Tibet che era autonomo, che hanno costretto all’esilio il Dalai Lama e con lui centinaia di migliaia di tibetani che ogni giorno rischiano la vita per difendere la loro identità. Essere amici della Cina vuol dire anche preoccuparsi dei diritti umani negati, preoccuparsi delle minoranze senza tutela, chiedere il dialogo e supportarlo.

Il Trentino ha messo a disposizione la propria specialità ed esperienza per collaborare anche con le autorità cinesi, ma senza dimenticare la verità.

Per questo ti chiedo di lasciar perdere l’idea del gemellaggio e di sostenere le ragioni dell’Autonomia, e non di chi nega il diritto all’autonomia.

Roberto Pinter (Associazioni Italia Tibet e Trentino For Tibet)