Saluto al Dalai Lama

His Holiness,

la felicità non è facile in questi tempi così difficili, ma noi siamo felici, felici di averla ancora qui tra di noi, di poter ascoltare un messaggio di speranza e orgogliosi che questa nostra piccola terra,con la sua autonomia,  rappresenti una concreta speranza per il popolo tibetano.

Siamo anche tristi però, perché lei  è qui tra noi, non come un libero cittadino ma come  uno dei tanti tibetani che non può tornare nella sua terra.

E questo è motivo di sofferenza per milioni di tibetani che vogliono che lei torni in Tibet, ed è anche motivo di repressione per chi ha avuto il coraggio di chiederlo pubblicamente, e motivo di morte per chi ha deciso di autoimmolarsi.

Più di centoventi donne e uomini tibetani, giovani, padri e madri, monaci, hanno scelto negli ultimi mesi di bruciarsi vivi come forma estrema di protesta per una libertà negata, al popolo tibetano e a lei che tutti i tibetani considerano la loro guida.

Siamo sgomenti davanti a chi  non esita a rinunciare alla propria vita pur di chiedere la libertà per il Tibet e il ritorno del Dalai Lama.

Per ricordare il sacrificio di queste persone e per denunciare il silenzio del mondo rispetto a questa tragedia, vi chiedo di alzarvi in piedi e vi chiedo un momento di raccoglimento e di silenzio.

Ma lo sgomento non deve tradursi in disperazione ne’ in rassegnazione, i tibetani non sono prigionieri, anche se la Cina occupa con brutalità il Tibet, perché  i tibetani conoscono una forza e una determinazione che noi abbiamo smarrito.

Siamo noi prigionieri di un mondo che insegue l’effimero, trascura il valore della vita e non coltiva la felicità. Non è il popolo tibetano che deve risvegliarsi, loro sono pronti ad una nuova alba, siamo noi che dobbiamo risvegliarci.

Santità, non è la prima volta che glielo dico, ma mi sento inadeguato e tutti quelli che pure si impegnano per la libertà del popolo tibetano devono sentirsi inadeguati, perché non riusciamo a scrollare i nostri governi, non riusciamo a ribellarci difronte ad un mondo così ingiusto nei confronti degli ultimi, dei poveri, delle minoranze.

Siamo contenti di poter sostenere, anche con l’aiuto delle nostre istituzioni provinciali e regionali, con progetti di cooperazione, l’azione del governo tibetano in esilio e di aver attivato interventi umanitari e di aiuto alle popolazioni colpite dalle alluvioni o progetti a sostegno dell’infanzia e della salute delle popolazioni tibetane. Ma non basta.

Siamo contenti di ospitarla con tutti gli onori che le sono dovuti e senza piegarci alle richieste del governo cinese che vorrebbe che noi la considerassimo indesiderato. Ma non basta.

Siamo contenti di offrire il modello della autonomia speciale che ha permesso alla nostra Regione di risolvere i conflitti interetnici con la convivenza, e di riconoscere i diritti di tutte le minoranze, e siamo convinti che sia la storica dimostrazione che quello che chiedete con la via di mezzo sia realmente possibile, ma non ci basta.

Vogliamo di più,

vogliamo l’indignazione per l’offesa che ogni giorno viene arrecata ad una terra straordinariamente bella e importante per il nostro pianeta,

vogliamo l’indignazione per l’offesa che ogni giorno viene arrecata ad una cultura e ad una spiritualità che riescono a sopravvivere nonostante  repressione e  corruzione,

vogliamo l’indignazione per l’offesa arrecata ogni giorno al popolo che ha scelto la nonviolenza come arma di lotta,

vogliamo l’indignazione per la violazione di ogni diritto fondamentale che il governo cinese persegue contro il popolo tibetano e contro ogni minoranza. Vogliamo l’indignazione per il silenzio convivente dei nostri governi interessati al profitto dei cittadini ma non alla libertà di tutti.

 

Lei Santità ha rinunciato al potere politico, riconoscendo nel governo tibetano e nel suo primo ministro, Lobsang Sangay,che abbiamo ospitato in Trentino l’anno scorso, il legittimo rappresentante del popolo tibetano e questo le fa onore perché dimostra alla Cina, che quella che definiscono come una teocrazia feudale conosce e esercita, a differenza del governo cinese la moderna democrazia.

Ma lei non potrà mai smettere i panni della guida morale e spirituale del popolo tibetano, i tibetani credono in lei e lei per  loro rappresenta la speranza, per questo  vogliamo, oggi più di ieri, unirci al grido di “lunga vita al Dalai Lama”

Ascolteremo il suo messaggio, ascolteremo come coltivare la felicità in questo mondo, ma cercheremo di uscire da qui consapevoli che la felicità è possibile solo se è condivisa, e quindi consapevoli che dobbiamo dare il meglio di noi stessi, responsabili del nostro destino ma anche del destino di ogni creatura vivente, responsabili della nostra ma anche della sua libertà e della libertà di tutti i popoli.

intervento di Roberto Pinter, associazione Italia Tibet

 

Trento 11 aprile 2013 Pala Trento