saluto di Roberto Pinter – presidente Trentino for Tibet all’evento di Rovereto

Intervento di Roberto Pinter

 

Sabato 4 luglio 2020 la Comunità tibetana ha voluto festeggiare l’85° compleanno del Dalai Lama con una cerimonia alla Campana dei Caduti di Rovereto, alla  presenza del reggente  e del sindaco, innalzando nuovamente la bandiera tibetana.

Il Dalai Lama era stato la prima volta in Trentino (e anche alla Campana di Rovereto) nel 2001. Pensavo allora di accoglierlo  

e invece sono stato accolto io dal Dalai Lama, chiamato anche

“oceano di saggezza”, e da un sorriso che  mi ha fatto vedere molte cose in un altro modo.

 

Chi è il Dalai Lama ?

una figura carismatica? un ‘autorità religiosa? un nobel per la pace? una guida del popolo tibetano?

tutto questo ma non solo.

Si associa il Dalai Lama alla ricerca del benessere interiore, lui non ha nulla in contrario anche se si meraviglia del  malessere di una società ricca come la nostra,

ma non si può ridurre il Dali Lama ad una immagine rassicurante:

 

la sua immagine in Tibet è proibita e 200 tibetani si sono immolati per chiedere il suo ritorno,

il governo cinese demonizza e contrasta il Dalai Lama ottenendo che molti Stati non lo accolgono più per paura delle ritorsioni economiche della seconda potenza mondiale, che sempre più condiziona le nostre economie e le nostre libertà,

 

perchè il Dalai Lama fa ancora paura alla Cina? 

Mao ha invaso il Tibet per cancellare la teocrazia feudale, in realtà per annettersi un territorio strategico per le sue risorse,

 il Dalai Lama è fuggito in India e ha sorpreso tutti spogliandosi dei poteri temporali e aprendo alla democrazia del parlamento tibetano in esilio eletto da tutti i tibetani della diaspora,

fa paura alla Cina che non riconosce la democrazia ne’ i diritti, e manifesta pure verso Hong Kong e Taiwan e il Laddak le proprie mire neoimperialiste,

chi è allora più moderno? Il capitalismo comunista o la compassione del Dalai Lama?

 

Il Dalai Lama è un’eresia:

perchè rappresenta le minoranze oppresse,

perchè dopo 60 anni è amato dai tibetani nello stesso modo,

perchè la non violenza e la rinuncia all’indipendenza non offre il pretesto per schiacciare nel sangue la lotta dei tibetani,

perchè parla al cuore di tutti e non al potere di pochi,

per questo sostengo che il Dalai Lama non appartiene a questo tempo ,

che è tempo di materialismo e consumo, di distruzione del pianeta e assenza di solidarietà;

 

ma spetta a noi vivere il Dalai Lama in questo tempo, come?

 

Va riconosciuta la sua dimensione spirituale,

ma anche l’uomo di pace e della non violenza,

ma anche la difesa dell’ambiente e di ogni essere vivente;

ma anche il tibetano esiliato dalla sua terra;

e quindi festeggiare il compleanno del Dalai Lama ha senso se mettiamo in discussione questo mondo;

 

la Campana ci ricorda le vittime delle guerre (che purtroppo continuano) e le bandiere che sventolano indicano che si vuole la pace dopo le due guerre mondiali,

ma le bandiere sono anche le nazioni che si sentono padrone della terra che occupano, che possono scacciare le minoranze indesiderate e respingere i migranti,

 

il genocidio degli ebrei e le guerre sono state fermate, le potenze coloniali sono state cancellate, ed è nata l’Europa,  ma a troppe minoranze è stata negata la terra, profughi senza diritti,scacciati ovunque, armeni, kurdi, tibetani, yuguri, rowingya…

 schiuma della terra come li ha definiti Hannah Arendt, apolidi, cioè stranieri sempre e ovunque, paradosso mostruoso della società della globalizzazione che ha globalizzato tutto ma non i diritti e la libertà,

 

e allora vivere il Dalai Lama in questo tempo vuol dire riconoscere che non siamo padroni della terra, che non siamo liberi di distruggerla, che non possiamo chiuderci nei confini e respingere i migranti come fosse un diritto,

abbiamo accolto tra di noi i tibetani ma se lasciamo i barconi affondare è come se lasciassimo i tibetani senza speranza, è come se l’India avesse respinto il Dalai Lama consegnandolo alle prigioni cinesi, è negare la speranza di vita e di libertà,

 

lo so che non giungono molti segnali di speranza da questo pianeta, che nemmeno l’epidemia ci porta a cambiare il disordine mondiale e lo sviluppo insostenibile,

ma dal Tibet come dai tibetani ci arriva un segnale, la resistenza ostinata e nonviolenta di un popolo che difende la sua dignità prima di rivendicare una nazione, una testimonianza preziosa; 

e da Dharamsala dove vive il Dalai Lama, ci giunge un messaggio di speranza, e questo messaggio lo vogliamo accogliere:

e allora lunga vita al Dalai Lama .